Prima settimana di allenamento serio, nel senso che ho iniziato a seguire una tabella con 3 uscite settimanali; martedì, giovedì e domenica. Da domani Julia, con tutti i miei dati in mano, inizierà ad allenarmi per il mio prossimo obiettivo: la mezza maratona a Novembre. Dove? da definire in base ai tempi e ai compagni di avventura.
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Chi poteva immaginare… è passato un anno esatto dal mio primo allenamento e ho fatto 2 maratone, 2 mezze, 1400 km di allenamento, consumate quasi 2 paia di scarpe e persi un bel po di chili (uno dei principali miei obiettivi).
Sto pianificando per il prossimo anno almeno 1 maratona e 2 mezze; non sono proprio a bolla. :-) Oggi, in una splendida cornice, ho corso la mia seconda maratona, quella di Parigi
Oggi ho affrontato la mia terza prova impegnativa.
Dopo la mezza di Monza e la maratona di New York, il mio appuntamento di oggi è stato la mezza maratona di Verona. Come avete letto sui miei post, le 2 esperienze precedenti sono state molto diverse; la prima molto dura, un po sopra le mie aspettative, la seconda, affrontata con più consapevolezza e con un allenamento più intenso, molto emozionante. Questa mattina, non sono andato a Verona da solo, mi sono presentato all’appuntamento con il mio amico Claudio anche lui runner, da qualche mese. Come nelle altre gare, l’atmosfera è molto particolare. Le persone sono tutte contente ed eccitate, salvo quelle alla loro prima esperienza che non riescono a nascondere una piccola e sana dose di preoccupazione e sorpresa, come il mio compagno di viaggio. Mi sento in forma, anche se gli allenamenti non sono stato proprio regolari, mando un sms alla mia allenatrice che dice: “se il corpo rispecchia la mente, farò una bella gara” La partenza, per motivi organizzativi, avviene con 20 minuti di ritardo. L’onda formata da più di 4000 persone, mi obbliga a partire ad alta velocità, causandomi al 2° chilometro un indurimento del muscolo tibiale sinistro. Rallento subito per fare passare il dolore. Il passaggio del 5° chilometro avviene in meno di trenta minuti, penso ‘bella media’ ma soprattutto ‘il dolore è sparito’. Al passaggio del 10° chilometro il mio cronometro segna 1 ora, 1 minuto ed una manciata di secondi, sono molto soddisfatto e mi chiedo per quanto riuscirò a tenere un ritmo del genere (mai raggiunto prima). Al 15° chilometro mi fermo per bere e per rilassare i muscoli, in modo da affrontare l’ultima parte della gara che risulta essere sempre la più impegnativa. Riesco ad individuare ed affiancare un maratoneta, che corre ad un ritmo un po più elevato del mio; mi racconta delle sue esperienze (8 maratone) prende in mano il passo e spronandomi di tanto in tanto, mi accompagna fino alla fine. L’arrivo, molto emozionante, avviene all’interno di un padiglione della fiera in mezzo ad applausi e foto rivolti soprattutto al 1° e al 2° classificato della maratona che proprio negli ultimi 100 metri mi ‘doppiano’. Sono stanco (ma meno dell’altra volta) ma molto molto contento, il mio cronometro segna 2h12’48″ ben oltre 10 minuti sotto il mio ultimo personale. Trovo subito Claudio che alla sua prima esperienza, ha ottenuto un ottimo risultato 1h54′. Non mi rimane che chiamare a casa per raccontare come è andata e per informarli che di li a poco sarei partito per il ritorno. Julia, connessa in tempo reale all’evento, sa già del mio risultato, mi informa delle nuove medie raggiunte, congratulandosi. La cosa non può che farmi molto molto piacere… In questo ultimo periodo, tante cose hanno remato contro i miei allenamenti; il freddo, la pioggia, la neve, un piccolo infortunio a Natale, le malattie dei figli, un nuovo negozio da seguire (Ipermela) e altro che non voglio neanche menzionare…
Non mi sono fatto abbattere, da una decina di giorni mi sono iscritto in una palestra e ho corso sul tapis roulant; oggi ho fatto l’ultimo allenamento tranquillo, previsto prima della gara di domenica: un’ora a velocità media. Qualche purista potrebbe gridare allo scandalo, ma credetemi non è una cattiva esperienza; è chiaro che correre all’aria aperta è meglio, senza ombra di dubbio. Correre al coperto sui rulli però presenta sia svantaggi che vantaggi. Diciamo subito che è noioso perchè si corre guardando fissi davanti, chi si allena per mezz’ora non se ne accorge; anche se le postazioni permettono di guardare fuori dalla finestra, lo spettacolo offerto da automobili che circolano per strada e che parcheggiano, non risulta essere tra i più suggestivi. L’ossigeno scarseggia per cui non ti senti a tuo agio con la respirazione; fa troppo caldo e si suda di più; devi essere sempre molto concentrato sui tuoi passi, per non rischiare di cadere con il tappeto che si muove sotto i tuoi piedi. Le cose positive sono: puoi correre a qualsiasi ora, di qualsiasi giorno e con qualsiasi tempo atmosferico; puoi condividere il tuo allenamento con altre persone che si alternano sui tappeti vicini a te; puoi impostare con precisione tempi e velocità, puoi decidere la pendenza e quindi la difficoltà della corsa, puoi in ogni istante variare tutti i parametri controllando contemporaneamente la frequenza cardiaca e alla fine dell’allenamento puoi ottenere le medie; per continuare a rimanere in perfetto equilibrio devi fare molta attenzione della postura e continuare a corregerla; il passo è più ammortizzato, per cui, chi come me ha ancora problemi di peso, preserva un po’ le articolazioni. Comunque speriamo che arrivi presto la Primavera o quantomeno qualche bella giornata, iniziando da domenica prossima per l’appuntamento con la mezza maratona di Verona. Oggi ho fatto la seconda pazzia del 2008: mi sono iscritto alla prossima maratona di Parigi.
Il giorno 5 di Aprile 2009, correrò con il pettorale numero 48193. Mi aspettano i consueti allenamenti (tanti), ma almeno adesso so cosa mi aspetta nel bene e nel male. Oggi, in uno scenario indescrivibile, ho corso e portato a termine la mia prima maratona.
La sveglia è suonata di buon’ora stamattina, nessun trauma, nessuna fatica a svegliarsi, anche perché non sono riuscito a dormire in maniera lineare per tutta la notte, forse per la tensione, forse per la cena esagerata a base di spaghetti (ma è un must della vigilia). Il puIlman, partito dall’hotel alle 5:30, è arrivato come da programma prima delle 7 a Staten Island, ai piedi del ponte di Verrazzano, luogo di partenza della maratona. L’area è già stracolma di maratoneti, tutti protetti da giacconi, berretti e guanti per l’improvviso abbassamento della temperatura (6/7 gradi rispetto ai 16/17 del giorno prima). Le partenze dei 40.000 runners sono previste in 3 ondate, la mia è la seconda, quella delle ore 10. Per ingannare il tempo e per riscaldarci, organizziamo dei giochi di gruppo, ci raccontiamo delle esperienze in allenamento e cerchiamo di ripararci in tutti i modi da un leggero ma penetrante vento mattutino. Ne approfitto per chiedere ancora consigli ai veterani e alla mia allenatrice che correrà la sua 28esima maratona. Alle 9 consegno la borsa, con tutto quello che dovrò trovare al mio arrivo, soprattutto abiti asciutti, acqua e sali minerali e una giacca a vento, visto che l’arrivo è previsto nel pomeriggio. Alle 10:05, un tuono di cannone, da inizio alla mia prima maratona e parte il cronometro; sono molto emozionato e stupito dalla grande organizzazione. Nessun intoppo, nessuna difficoltà, tutto come previsto, anche grazie alla massiccia presenza di volontari, agenti di polizia e 2 elicotteri che sorvolano la zona per verificare che tutto proceda nel migliore dei modi. Il primo miglio è in salita e si attraversa il ponte di Verrazzano, fa molto freddo e decido per il momento di non gettare i pantaloni lunghi, la felpa ed il berretto che indosso (come previsto a tutte le partenze della maratona di NY per lasciare qualcosa ai clochard newyorkesi). Continuo la mia corsa guardando costantemente il cronometro e la fascia che porto sul braccio destro con tutte le medie per miglio. Curiosamente, alcuni giapponesi iniziano a parlarmi (in giapponese), perché vedono un nome e la bandiera giapponese sul mio copricapo, ci auguriamo un bel ‘good luck’. L’arrivo a Brooklyn è magico, centinaia di persone ai fianchi della strada che gridano e ti incitano. Ogni miglio circa, gruppi jazz e blues allietano i corridori con musiche e canzoni più o meno conosciute. il 5° km è il mio primo traguardo e mi emoziona; non per la distanza o il tempo, ma per il fatto che, il chip che porto sulla scarpa destra, segnala il mio passaggio al Sistema di Controllo che si occupa di comporre una email con i dati e la invia direttamente ai miei familiari ed amici che stanno seguendo in diretta la maratona. Sorrido pensando che festeggeranno le mie tappe e conosceranno prima di me i risultati e le medie al passaggio di ogni quinto chilometro. Le gambe iniziano a scaldarsi, sento che posso correre più velocemente, ma mi è stato detto di ‘risparmiare’, getto gli indumenti superflui che iniziano a farmi sudare. Al 13° miglio, a metà maratona, guardo il cronometro e mi accorgo di essere in ritardo rispetto alla tabella di marcia di 7 minuti, aumento il ritmo della corsa e al miglio successivo recupero 3 minuti e quindi penso di potercela fare ad allinearmi. Al miglio successivo il ritardo è ancora di 5 minuti che diventano 9 attraversando il lunghissimo Queensboro Bridge che collega la zona dei Queens con Manhattan. A questo punto non penso più ai tempi sono nella Grande Mela e mi appare davanti la First Avenue: uno spettacolo! Vedo di fronte a me 6 km di strada dritta, ma dal profilo altalenante; sembra un fiume in movimento e lo è; solo che al posto dell’acqua c’è un brulichio di divise colorate in movimento. Si vedono in questo lunghissimo tratto, le prime persone in difficoltà soprattutto per crampi; io mi sento bene anche perché, per evitarli, ho bevuto acqua ad ogni ristoro, come consigliato da Julia; mi aspettavo anche dei dolori alle ginocchia che per fortuna non sono mai arrivati; sono contento ma continuo a correre in modo cauto. Al passaggio del penultimo ponte, quello che porta nel Bronx comincio a sentirmi proprio stanco, ho già corso per più di 32 chilometri, cammino e trovo da chiacchierare con un americano anche lui alla prima esperienza. Mi rimetto in moto ed arrivo al Madison Avenue Bridge, l’ultimo ponte, quello che porta a Manhattan e che segna le 21 miglia trascorse. Percorro altre 2 miglia, sempre più stanco, entro in Central Park e mi vengono in mente le parole di Giorgio, un maratoneta conosciuto un paio di giorni prima alla sua 31esima esperienza: “Quando arrivi al parco, mancano 5 km all’arrivo ed è il momento di tenere duro!”. Io ci provo, ma mi rendo subito conto che, l’ultimo tratto è un saliscendi con predominanza in salita, corro e cammino, corro e cammino e corro ancora, anche se in queste ultime fasi la parola correre è inappropriata. Ai lati del percorso in una cornice indescrivibile di verde e specchi d’acqua, con sfondo generato dai grattacieli, migliaia e migliaia di persone ti incitano a proseguire e gridano ‘good job’, ‘don’t stop’, ‘you can do it’. Questa grida per molti sono la panacea per riuscire a non fermarsi e proseguire nonostante il corpo continui a chiedere l’alt immediato. Ma io, per lunghi tratti, preferisco camminare guardando la gente in faccia che ti urla a squarciagola e sembra più sconvolta di te. E mi piace assorbire questa energia, fino a quel momento a me sconosciuta. Vedo il cartello delle ultime 2 miglia, quello successivo non appare mai e, dopo un periodo che sembra infinito compare la scritta 1/2 miglio all’arrivo… Gli ultimi 400 metri riesco a farli di corsa (per modo di dire) e alzando le mani, varco la linea del traguardo; il cronometro segna 5 ore 26’ 27” e felice di averla conclusa, mi vien quasi da piangere. Sento poco le gambe, ma devo continuare a camminare come mi è stato raccomandato poche ore prima. Faccio 10 metri e mi infilano la medaglia al collo, mi fanno la foto e mi avvolgono in una termocoperta; mi invitano a proseguire e mi consegnano il pacco gara, che contiene acqua, una bottiglia di Gatorade e un panino, tento di mangiare ma il mio stomaco rifiuta in qualche modo il cibo; mi limito a bere. Cammino ancora x 800 metri raggiungo il camion UPS che riporta il colore e i numeri corrispondenti al mio di pettorale, recupero la mia borsa che contiene tutto l’occorrente per il dopo corsa, mi infilo la giacca a vento e mi dirigo verso l’hotel assieme a migliaia di altri runners. Il sole ormai è scomparso dietro gli enormi palazzi adiacenti a Central Park, lasciando spazio al vento che pizzica come non mai in questa giornata, comincio a sentire molto il freddo, le gambe sono completamente indolenzite e le giunture non sembrano più le mie. Sono costretto a camminare per quasi un’ora nella speranza di trovare un taxi libero per raggiungere il mio hotel, che non trovo; in camera mi aspetta un bagno di 45 minuti caldo e rilassante e un paio d’ore di riposo assoluto; sono esausto e infreddolito, ma molto molto soddisfatto di avercela fatta. Alle 20:00 è organizzata una cena con alcuni compagni di avventura italiani, anche loro molto stanchi; tutti raccontano la propria esperienza e qualcuno chiede a voce alta: “dove andiamo a fare la prossima ragazzi? Parigi, Londra o ritorniamo a New York?” Io non dico niente ma dentro di me penso: “ma siamo fuori?” … Finalmente non mi sento più isolato, all’aeroporto di Malpensa, in partenza per New York, oltre a Julia, ho trovato tantissimi altri runners eccitati e contenti e che parlavano solo di maratona. Qualcuno come il sottoscritto, ha la faccia un po’ stanca, ma probabilmente dipende dal fatto che le ore di sonno sono state proprio poche (ho dormito solo 4 ore).
Ci aspetta un viaggio di 8 ore per approdare a Manhattan, dove domenica assieme ad altri 40.000 atleti percorreremo 26 miglia attraverso le strade di NY e i viottoli del mitico Central Park. Mancano solo 7 giorni al grande evento; mi sembra ieri di avere iniziato questa faticosa ma affascinante avventura; in effetti chi legge questo blog, per il numero limitato di articoli presenti, non riesce a percepire l’attività svolta.
L’ansia delle settimane scorse si è via via trasformata in consapevolezza, consapevolezza di potercela fare, senza sottovalutare comunque che la maratona è una impresa dura e densa di imprevisti. Ma l’impegno è stato massimo e i dati sono oggettivi: Quasi 7 mesi di allenamento con 4 uscite la settimana, 200 km solo l’ultimo mese, 800 km in totale; un paio di scarpe consumate e anche un po’ di peso perso… L’allenamento di oggi, di 20 km, l’ho fatto in un circuito ormai conosciuto vicino a casa. Le due ore e un quarto di corsa mista mi hanno quasi lasciato indifferente; solo nel pomeriggio le ginocchia, un po’ doloranti, hanno chiesto l’assoluto riposo. Una parte di me è molto contenta, soprattutto se penso alla fatica e alle difficoltà incontrate il 21 settembre scorso, per finire la Mezza. Oggi ho fatto la più grande fatica fisica della mia vita… ma che soddisfazione!
Con la preziosa guida di Julia, senza la quale non sarei riuscito ad arrivare in fondo, ho corso ininterrottamente per 2 ore e 22 minuti i 21,095 Km della Mezza Maratona di Monza. Sono partito di buonora stamattina alle 5:30 per recarmi a Monza a fare la mia prima gara. Dovevo arrivare presto per ritirare il pettorale, il mio primo pettorale; ad aspettarmi c’era già Julia ed un sacco di gente! Abituato come sono a correre da solo, mi sembrava strano avere attorno tutte quelle persone; ma la sensazione era bellissima ed eccitante. Alle 9:30 un fiume di 2200 variopinti atleti partiva per la propria esperienza. Julia ha sempre corso al mio fianco, facendomi anche parlare e dandomi continuamente consigli; il percorso all’interno del parco di Monza, in mezzo al verde, piante secolari e attraversato da un piccolo torrente, mi è piaciuto tantissimo. Ogni 5 km ci siamo fermati per bere e per permettere alle gambe di ‘riprendersi’. Dopo il km 18 non riuscivo più a vedere i cartelli dei chilometri successivi e non sarei riuscito ad arrivare in fondo, correndo, se Julia non mi avesse continuato a ripetere: “è solo una questione di testa” e del resto mi faceva notare, mai avevo corso per così tanto tempo e per così tanti chilometri, camminando solo per brevi tratti. Ho raggiunto il traguardo con un ‘allungo’ di 100 metri (non certo voluto da me), ma non sarei riuscito a fare un metro di più; non sentivo più le gambe e i piedi e provavo un forte dolore alle anche, ma i muscoli della faccia erano sufficientemente rilassati per mostrare un sorriso di enorme soddisfazione e per ringraziare la mia coach. All’interno degli spogliatoi, con le gambe ancora indolenzite e stanche, ancora un po’ sconvolto direi, da lontano sentivo questa frase da una persona che aveva appena corso con me: “Pensa che fare la maratona è come ripartire e fare un’altra volta lo stesso giro“. Mi ha fatto molto pensare. |
R. Dalla ValleAppassionato di Giappone e praticante di Ki Aikido mi diletto a scrivere su qualche esperienza che ho vissuto ultimamente... Archives
Giugno 2013
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